Il monastero di Daila (Istria) |
Gli Accordi di Osimo sono ancora di attualità, oggetto di contese tra Stati, come se la Seconda Guerra Mondiale fosse appena finito. Così il governo croato firma un provvedimento che, così almeno spera, dovrebbe chiudere definitivamente almeno uno dei tanti capitoli ancora aperti. Sullo sfondo, il "patto", sancito dagli Accordi, per cui l'Italia, e non la Croazia o la Slovenia, si era fatta carico di risarcire i propri cittadini per i beni abbandonati o persi in Istria dopo la Seconda guerra mondiale.
Il ministro della Giustizia croato ha infatti emesso una delibera che dichiara nulla la restituzione dei beni del monastero di Daila, nell'Istria nordoccidentale, alla Chiesa cattolica croata, aprendo in questo modo la strada per la restituzione dell'immobile allo Stato croato, invece che all'Abbazia di Praglia, nel Padovano, come aveva deciso il Vaticano un mese fa. Il ministro Drazen Bosnjakovic precisa che dopo aver effettuato una serie di controlli della procedura di restituzione del monastero e dei terreni circostanti alla Chiesa, svoltasi tra il 1997 e il 2002, è stato constato che tale atto legale «è da considerarsi nullo dato che fu svolto in base alla legge sulla restituzione dei beni confiscati dalle autorità jugoslave comuniste, mentre rientrava nella materia già prima risolta con accordi internazionali», ovvero gli Accordi di Osimo.
In sostanza, il ministero ha accolto la posizione della diocesi di Pola e Parenzo, che aveva rifiutato di restituire l'immobile ai benedettini italiani, dopo una decisione del Vaticano, approvata dal papa Benedetto XVI, sostenendo che i frati di Praglia erano già stati risarciti in base agli Accordi di Osimo e pertanto non avevano diritto a un secondo indennizzo. La controversia ha suscitato nelle scorse settimane un'aperta disobbedienza del vescovo locale, mons. Ivan Milovan e dell'intero clero istriano al Vaticano e al primate della Croazia, cardinale Josip Bozanic. Milovan era stato sostituito da un vescovo nominato da Roma per il tempo necessario a firmare l'atto notarile con il quale la sua diocesi avrebbe ceduto l'immobile, del valore di almeno 30 milioni di euro, ai benedettini italiani.
La decisione del ministro croato dovrebbe chiudere la crisi all'interno della Chiesa in Croazia, mentre lo Stato dovrebbe riacquisire l'immobile, ma anche evitare che altri simili richieste di indennizzo provenienti dall'Italia possano aggirare il regime internazionale degli Accordi di Osimo secondo i quali l'Italia, e non la Croazia o la Slovenia, si era fatta carico di risarcire i propri cittadini per i beni abbandonati o persi in Istria dopo la Seconda guerra mondiale.
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