I nazisti tentarono di nascondere il massacro bruciando i cadaveri, ma il tentativo fallì. Quando le truppe sovietiche riconquistarono Kiev, nel novembre del 1943, furono chiare le proporzioni dell’eccidio perpetrato nella gola di Babi Yar, nella periferia nord-ovest della capitale ucraina, dove in soli due giorni, tra il 29 e il 30 settembre del 1941, vennero trucidati 33.771 ebrei, compresi donne e bambini.
Le SS dividevano gli ebrei in piccoli gruppi, li costringevano a spogliarsi, li portavano sull’orlo della gola di Babi Yar e sparavano loro da distanza ravvicinata. Poi, dopo aver strappato loro di dosso gli oggetti di valore che portavano, gettavano i cadaveri giù nel burrone, che sarebbe diventato la loro fossa comune. Per chi non era morto non c’era una seconda pallottola, veniva lanciato nel precipizio ancora vivo.
Chi ha visto le fosse comuni racconta che per tre giorni tra i cumuli di cadaveri si scorgevano persone in fin di vita che muovevano debolmente le braccia. Solo una trentina di persone riuscirono miracolosamente a scampare a quella carneficina.
Nel 1939 in Ucraina vivevano un milione e 533mila ebrei, quasi il 5% della popolazione. Durante l’occupazione nazista ne furono ammazzati tra gli 850 e i 900mila. Tuttavia, quella di Babi Yar è una tragedia di cui pochi si ricordano oltre i confini ucraini.
Per molti anni, l’Unione sovietica preferì non ricordare che gli ebrei furono vittime di un genocidio, e nel rievocare i caduti per mano nazista si utilizzarono formule sommarie come “pacifici cittadini sovietici”. La censura non voleva riconoscere all’olocausto particolare importanza, per non attribuire agli ebrei una visibilità che sarebbe stata in contraddizione con l’esaltazione del “popolo sovietico”.
“Non ci sono monumenti a Babi Yar”, recita il primo verso di una poesia che Ievgheni Ievtushenko dedicò nel 1961 al genocidio, denunciando l’antisemitismo sovietico. Solo 15 anni dopo, nel 1976, l’Urss eresse a Babi Iar un monumento “ai soldati e ai cittadini sovietici”, e negli anni ’90, caduta l’Unione sovietica, nel luogo dell’eccidio fu posta una grande menorah, il candelabro a sette bracci simbolo dell’ebraismo.
Oggi il burrone di Babi Yar non esiste più e nell’area sorgono diversi palazzi e un parco. Dopo il massacro degli ebrei, a Babi Yar i nazisti uccisero anche zingari, omosessuali, russi e ucraini di religione cristiana [testo tratto da Blitz Quotidiano][altre notizie simili]
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