La testimonianza di un ex collaborazionista belga riaccende i riflettori sulla figura di Martin Bormann, l'anima nera del nazismo dato ufficialmente per morto a Berlino nel maggio del 1945, ma il cui destino continua a essere avvolto da un alone di mistero. In una lunga intervista, l'ultraottantenne Paul Van Aerschodt - condannato a morte in contumacia dal Consiglio di guerra di Charleroi nel 46 per le attività svolte durante l'occupazione nazista del Belgio - afferma di aver incontrato almeno quattro volte Bormann a La Paz, in Bolivia, dove l'ex collaborazionista belga in fuga si era rifugiato.Erano gli anni '60. ''Parlavamo in tedesco, lui veniva dal Paraguay'', raccolta Van Aerschodt.
''Si faceva chiamare Augustin von Lembach, portava la tonaca, si spacciava per un padre redentorista e celebrava matrimoni e funerali''. ''Era rimasto un fanatico - racconta ancora l'ex collaborazionista - e insieme a una ventina di ufficiali stava preparando un colpo di Stato da realizzare in Argentina per rovesciare Peron. Gli piaceva il mio ristorante, il 'Corso', che si trovava proprio davanti alla statua di Simon Bolivar''. Rientrato in Europa a San Sebastian (Spagna) nel 1964, Van Aerschodt e' stato funzionario Onu dal '69 al '76 e sostiene che durante il suo soggiorno boliviano ha incontrato spesso anche Klaus Altmann, ignorando pero' che si trattasse di Klaus Barbie, meglio noto come il "macellaio di Lione". Già nel 1973 la presenza di Bormann in Bolivia era stata segnalata dallo scrittore Ladislas Farago. Successivamente, nell'agosto 1993, fonti del governo paraguayano avevano sostenuto che l'ex Capo della cancelleria del partito nazista e segretario personale di Adolf Hitler era morto ad Asuncion ed era stato sepolto in una fossa comune. Tuttavia, nel maggio 1998, le analisi del Dna condotte su uno dei due scheletri ritrovati nel 1972 durante lavori di scavo a Berlino hanno accertato che i resti rinvenuti erano quelli del gerarca nazista. Ma questo non è bastato a chiudere definitivamente una vicenda misteriosa che dura dalla fine della Seconda Guerra mondiale.
O submarino que trouxe Martin Bormann fez escala final na praia de Torres, sul do Brasil. Bormann desembarcou e prosseguiu viagem via Paraguai, protegido por um cidadão alemão radicado naquele país. Bormann atravessou todo o Chaco e internou-se na Bolívia, vivendo na cidade de Tupiza, nos contrafortes dos Andes até janeiro de 1971, quando fugiu para o Chile. Retornou a Tupiza em fins de 1971 quando teve notícias de que Hugo Banzer Suáres não lhe ofereceria perigo.
RispondiEliminaGrazie. Studierò il caso ancora una volta.
EliminaAlla prossima.